Una storia di malasanità è il bel sottotitolo del libro Garibaldi fu Ferito di Sergio del Santo, che racconta la storia dei giorni che videro La Spezia al centro delle cronache internazionali.
Ogni volta che mi trovo in un’altra città o paese in Italia che mostra in una piazza la consueta lapide a ricordare il passaggio di Giuseppe Garibaldi anche da lì, mi viene da sorridere: un po’ perché mi sembra incredibile che l’eroe si sia girato proprio tutti gli angoli della penisola, e poi perché penso che alla Spezia, più precisamente al Varignano, non solo lo abbiamo sicuramente ospitato, ma lo abbiamo anche quasi fatto fuori.
Era il 1862, e Spezia era (ancora per pochissimo) un piccolo borgo
Ancora inconsapevole della rapida trasformazione all’inizio proprio in quell’anno, con la costruzione dell’Arsenale Navale, che l’avrebbe vista protagonista della più impressionante crescita in termini di popolazione in Italia, La Spezia era ancora una piccola città del neonato Regno d’Italia. Forse gli spezzini ne ebbero un sentore nell’Agosto, quando la città assurse agli onori delle cronache internazionali.
Napoleone III non ne voleva sapere di mollare Roma
Quell’anno doveva essere davvero difficile capire chi governasse cosa, se fossimo davvero un Paese libero dallo straniero e sovrano. Napoleone III insisteva che spettasse a lui la difesa del “neutrale” Stato Pontificio, al centro di quella che nella sua visione era ancora, di fatto, una nazione divisa in tre macroregioni, nonostante il Parlamento di Torino avesse già decretato che Roma dovesse essere la Capitale. Era però proprio il Re, e di conseguenza il Parlamento, a nicchiare: in una Nazione ancora immatura, soffrivano di un timore reverenziale nei confronti della Francia che minacciava guerra e nella stessa Roma papale. Per questo si attardava un processo che non si capiva come sarebbe dovuto compiersi.
Ovviamente Garibaldi decide di marciare su Roma
Ma non partendo da Ostia, o magari dal Circeo, ma dalla Sicilia! Era fatto così lui, doveva aggiungere un valore simbolico unificante a ogni azione che faceva, e lo faceva senza un vero piano politico, ma con la passionalità di un capopopolo. Era un eroe, che faceva simpatia in tutto il mondo. Il Governo di Rattazzi non sapeva che fare: insieme al Re alla fine si decise a cercare di fermare Garibaldi, decretato ribelle da un proclama regale, immediatamente, in Sicilia, prima che potesse portarsi dietro il favore nazionale. Invece la battaglia decisiva avvenne in Aspromonte, dove pare che Garibaldi si buttò in mezzo ai due eserciti “fratelli” per fermare il fuoco.
Garibaldi fu ferito con un pallettone che attraversò il calzone, lo stivale, la calza di lana e fratturò il malleolo per poi fermarsi nella parte dorsale del collo dell’astrogalo, vicino allo scafoide, incastrato tra due ossa.
Ma questo lo sappiamo ora.
Li per lì, e poi per molto tempo, nonostante non fosse stato trovato, e nonostante l’escrescenza bluastra sul collo del piede che decisamente faceva pensare il contrario, si disse che il proiettile non poteva essere rimasto dentro, e che Garibaldi sarebbe guarito. Venne trasportato per due giorni sulla Galera Duca di Genova, che lo portò, prigioniero, in uno dei carceri più duri del Regno, la fortezza del Varignano. Un vero caso di malasanità, in cui un illustre prigioniero ferito venne trattato da carcerato e non da malato, senza biancheria pulita e senza adeguate medicazioni. Garibaldi era un problema, un eroe amato che sfuggiva al controllo di troppi, e per questo trattato con colpevole superficialità.
La ferita s’incancreniva, l’eroe provava dolori indicibili, stava rischiando di perdere la gamba, e forse di morire.
Garibaldi arriva al Varignano, che assurge all’onore delle cronache
Stampe e xilografie della piccola, splendida baia del Varignano che ospita Garibaldi nella sua antica fortezza, si moltiplicano e diffondono a macchia d’olio in tutto il mondo, insieme a quelle che raffigurano Garibaldi ferito. Il Varignano e La Spezia vennero collegate in fretta e furia da una linea elettrica che permettesse alla trasmissione di continui telegrammi di sostituire l’andirivieni di Carabinieri a cavallo per portare i dispacci alle autorità italiane che accorrevano alla Spezia per capire che cosa sarebbe successo al malato. I suoi ammiratori dall’America e dall’Inghilterra (che avevano finanziato la campagna dei Mille) formavano vere e proprie processioni verso il Varignano.
Si dice anche che il Re, il Re in persona, di notte e di nascosto arrivò in nave al Varignano per parlare con l’eroe ferito.
Il tentativo degli spezzini di liberare Garibaldi
Lo spezzino Ing. Terenzio del Chicca, riferisce che Giovanni Sittoni gli disse che suo padre gli aveva detto che aveva partecipato a un’impresa tutta spezzina, il tentativo di far evadere Garibaldi via mare. Si sarebbero diretti con una barca, accostati al promontorio del Varignano con la complicità di una guardia, e il prigioniero sarebbe stato calato nella barca per essere poi portato su una nave che li attendeva al largo. Ma qualcuno tradì, e i congiurati vennero catturati. Questa storia non ha conferme storiche, ma nella tradizione popolare. Di certo c’è che il distaccamento dei Carabinieri in quei giorni venne notevolmente rinforzato, per il timore di eventi di questo tipo.
Il 22 Ottobre 1862 arriva l’amnistia, e Garibaldi guarisce
Sicuramente spinti da quest’attenzione internazionale, per risolvere un’empasse incredibile, arriva l’amnistia del Re. E immediatamente la situazione del ferito cambia: trasportato alla Spezia, tra la folla giubilante, viene ospitato nell’Hotel Milano (l’attuale Ammiragliato). Sono tante le stampe che raffigurano il trasporto, che avvenne su una chiatta offerta dai pescatori locali, adornata con una tenda offerta da una donna di Marola, adornata con una coccarda tricolore. Garibaldi comincia a ricevere le cure adeguate, e soprattutto arrivano in città i migliori medici del mondo: da Italia, Germania e Inghilterra fanno la coda per vedere il celebre malato i più grandi chirurghi. Per ironia del destino, sarà un francese, Auguste Delaton, inventore di un nuovo sondino, a trovare finalmente la pallottola e a zittire una pletora di dottoroni che avevano somministrato piattole e cure inutili. Garibaldi cominicia a recuperare la salute.
Oggi Garibaldi domina dall’alto del suo cavallo rampante, spada sguainata, per niente ferito, su tutta la città, a ricordarci che qui non c’è solo passato, ha anche vinto su una ferita mortale.
Fonte: Garibaldi fu ferito, Sergio del Santo, Edizioni Giacché 2016